Il Terzo Settore, al quale apparteniamo, persegue finalità di utilità sociale o di interesse generale, svolgendo diverse funzioni: solidaristica e di tutela (volontariato), aggregativa e di partecipazione (associazionismo), distributiva e di promozione (fondazioni e comitati), di servizio ed occupazionali (cooperative e imprese sociali); pertanto non svolge un ruolo sostitutivo a quello delle istituzioni pubbliche, ma complementare e sussidiario.
Negli ultimi anni lo Stato si è posto tra gli obiettivi primari quello di ridurre la spesa pubblica, tagliando servizi che hanno colpito soprattutto le fasce più deboli, facendo sì che il Terzo Settore crescesse moltissimo, a fronte dell’aumento della domanda e delle necessità.
Attualmente si contano più di 300.000 organizzazioni, 950.000 dipendenti e 4,8 milioni di volontari appartenenti alle associazioni di volontariato con un aumento di operatori nel settore di quasi il 40% in 10 anni. Terzo settore di nome, primo nella crescita di fatto.
Il vantaggio competitivo di cui fruiamo è rappresentato da diversi fattori:
- Attrarre risorse finanziarie dal settore privato attraverso donazioni fiscalmente deducibili;
- Costo del lavoro complessivamente più basso, vuoi per la presenza di personale volontario che per l’accettazione di salari mediamente più bassi da parte del personale che collabora alla mission (o finalità solidaristiche);
- Possibilità di offrire un servizio di qualità superiore ad un costo inferiore;
- Canali privilegiati di accesso alle risorse pubbliche;
- Adattamento flessibile alle necessità dei diversi territori;
- Fiscalità agevolata.
Proprio la presenza di questi punti di forza ha indotto molte organizzazioni a “travestirsi” da no profit, danneggiando l’immagine del terzo settore e solo alcuni giorni fa, un articolo del Sole 24 Ore, definiva il lavoro nel terzo settore come sinonimo di precariato e auspicava una maggiore regolamentazione, segno che i furbetti sono ancora molti, nonostante le regole ci siano già.
Nel campo del volontariato, la Legge 266/91 “inquadra” la figura del volontario, definendone l’attività come “quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.”
Inoltre stabilisce che:
- il volontario non può instaurare altri tipi di rapporti patrimoniali o di lavoro subordinato o autonomo con l’Organizzazione alla quale appartiene;
- l’attività del volontario non può essere retribuita in alcuna maniera, neanche dal beneficiario della prestazione;
- il volontario può ricevere un rimborso spese per le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, purchè documentate; sono esclusi i rimborsi “a forfait” in quanto potrebbero mascherare una forma di retribuzione.
- le organizzazioni di volontariato devono assicurare i volontari per i rischi connessi agli infortuni sul lavoro, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.
Pur dandoci delle chiare indicazioni di carattere generale, la norma si limita a disciplinare l’attività del volontario svolta attraverso l’Organizzazione di volontariato e riconosce una presunzione di gratuità lavorativa solo all’attività svolta in questa forma.
In realtà, è molto più comune di quanto si pensi trovare dei laici desiderosi di dedicare il proprio tempo ad opere di bene, che si sentono gratificati di aver contribuito al funzionamento delle nostre opere, che offrono la loro collaborazione spontanea e, ovviamente, gratuita! direttamente a noi, senza passare per il tramite dell’Organizzazione di Volontariato.
Se da un punto di vista umano è molto gratificante, dobbiamo ricordare che giurisprudenza consolidata presuppone che la prestazione lavorativa si svolga a titolo oneroso (ovvero in cambio di retribuzione) salvo prova contraria ed è quindi più che mai importante essere in grado di sostenere che l’attività è svolta al solo fine solidaristico anche di fronte ai terzi.
Cosa possiamo fare?
Dal punto di vista amministrativo l’aspirante volontario dovrà presentarci una richiesta scritta di poter lavorare in maniera completamente gratuita, con indicato il tipo di attività prescelta e l’orario preferito, possibilmente con un curriculum allegato; la domanda andrà valutata dal Consiglio che darà risposta scritta di accoglimento della richiesta.
Fermo restando che il volontario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per l’attività, è comunque opportuno fissare un tetto, chiarendo che, per importi superiori, ci vorrà un’autorizzazione preventiva da richiedere di volta in volta. Questo ci aiuta a dimostrare che c’è un reale controllo sulle spese che non nascondono altre forme di compensi.
Le spese da rimborsare dovranno essere supportate da pezze giustificative allegate alla richiesta di rimborso; non c’è una vera e propria regola, ma si ritengono applicabili i criteri previsti per i lavoratori dipendenti e i collaboratori, per cui le spese necessarie per recarsi sul posto di lavoro e tornare a casa, non rientrino nelle spese esenti, ma nei compensi.
La prestazione deve essere svolta effettivamente per fini solidaristici e non può esserci retribuzione né in denaro né in natura, anche di importi minimi: il papà del bambino che frequenta la scuola e non è in grado di pagare la retta che ci fa interventi di manutenzione, giardinaggio, commissioni, non è un volontario; la persona bisognosa che ospitiamo in casa nostra e che ci fa le pulizie per sentirsi utile, un domani potrebbe farci vertenza – e vincerla! – per aver lavorato in nero; la persona che ci coltiva l’orto e si porta a casa parte dei frutti del suo lavoro, di nuovo, non è un volontario.
Se proprio vogliamo continuare a servirci della loro collaborazione, usiamo i voucher per ricompensarli e mettiamoci al riparo da eventuali rivendicazioni.
Ricordiamo sempre che i volontari vanno tutelati: se ci avvaliamo dell’Associazione di Volontariato, sarà l’Associazione ad assicurare i volontari all’Inail e a stipulare apposita polizza RCT; per i prestatori di lavoro gratuito, non iscritti da alcuna Associazione, dovremo pensare noi alla polizza RCT (che normalmente siamo già tenuti ad avere) ma, tranne alcune eccezioni che andremo ad esaminare, non saremo tenuti ad assicurarli all’Inail.
Alcuni Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro hanno disciplinato anche le attività dei volontari: è il caso del contratto Fism che prevede che possano essere utilizzati volontari per attività occasionali e saltuarie purché non rivolte a sostituire in tutto o in parte il lavoro e le attività del personale dipendente in organico; in altre parole non possiamo utilizzare volontari nella nostra attività principale, ma solo per attività marginali e sporadiche.
Il Contratto Agidae Scuole, nelle note a verbale, fa un riferimento alla legge n. 62/2000, recante il titolo “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio” che prevede al comma 5, che le Istituzioni scolastiche riconosciute paritarie possano avvalersi nella misura massima di un quarto delle prestazioni complessive, di prestazioni volontarie ed autonome del personale docente, purché in possesso dei titoli scientifici e professionali.
La possibilità di avvalersi di docenti volontari nella scuola è riservata alle Scuole Paritarie, le non paritarie non possono farlo.
Una nota università, ha presentato interpello al Ministero del Lavoro per avere delucidazioni in merito agli adempimenti previsti a carico dell’Istituto nelle ipotesi di stipula di contratti di insegnamento a titolo gratuito in forma di collaborazione coordinata e continuativa ed in particolare se fossero necessarie la comunicazione di assunzione al Centro per l’Impiego, nonché la copertura assicurativa Inail.
Il Ministero, riconoscendo la liceità della condotta, ha risposto che la comunicazione al Centro per l’Impiego è prevista per tutti i rapporti svolti sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, a prescindere dalla circostanza che il rapporto di lavoro sia svolto in forma retribuita o meno ed altrettanto vale per l’obbligatorietà dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
In ogni caso, per chi volesse avvalersi di questa possibilità, è consigliabile inserire nel regolamento d’Istituto una normazione dei rapporti con i docenti volontari, che avranno carattere coordinato e continuativo, pur nella loro gratuità.
La legge 381/91 disciplina le cooperative sociali e stabilisce che possono avvalersi di soci volontari per il perseguimento dei propri fini, ne riconosce il ruolo e ne individua il numero massimo nella metà dei soci complessivi, compresi anche i soci finanziatori.
Per una cooperativa sociale è sempre possibile avvalersi della collaborazione dei soci volontari, ma la loro presenza deve essere prevista dallo Statuto.
Anch’essi svolgono la propria attività a titolo gratuito e fanno formale domanda di diventare soci della Cooperativa, presentando i propri titoli e le loro disponibilità sia rispetto alle attività da svolgere, sia rispetto all’orario; il Consiglio di Amministrazione della cooperativa, decide sull’ammissione e in caso di esito positivo, iscrive i volontari al Libro Soci.
Le cooperative sono tenute per legge a stilare un regolamento che dovrà disciplinare, tra l’altro, quali ruoli potranno ricoprire i soci volontari e le modalità di svolgimento del rapporto di lavoro e associativo, nonché le modalità di gestione dei rimborsi spese, che dovranno avvenire “sulla base di parametri stabiliti dalla cooperativa per la totalità dei soci”. Il regolamento va depositato presso la Direzione Territoriale del Lavoro.
Dobbiamo ricordare che nella gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi che le cooperative sociali svolgono in applicazione di contratti stipulati con amministrazioni pubbliche, le prestazioni dei soci volontari possono essere utilizzate in misura complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri di impiego di operatori professionali.
In questo modo, da un lato viene impedito che i soci volontari possano essere utilizzati per abbassare i costi nelle gare, a discapito della qualità e continuità del servizio, dall’altro viene valorizzata la loro funzione di sostegno all’utente.
La cooperativa è tenuta a assicurare i propri soci volontari all’Inail e per la Responsabilità Civile verso Terzi.
Un breve cenno anche sugli obblighi di sicurezza: il D.Lgs. 106/09 elimina il volontario dall’elenco dei lavoratori. Le associazioni di volontariato che non occupano lavoratori subordinati o equiparati, non sono tenute alla redazione del Documento di Valutazione dei Rischi; qualora il volontario svolga la propria prestazione nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro, quest’ultimo è tenuto a fornire al volontario dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti e le misure di prevenzione e di emergenza.
Chiudo con una riflessione su una norma che ha recentemente creato un certo scompiglio, ovvero quella che prevede l’obbligo di acquisire il certificato penale relativamente ai reati di abuso sui minori.
L’art. 2 del D.Lgs 39/2014 recita:
“il certificato penale (…) deve essere richiesto dal soggetto che intenda impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, al fine di verificare l’esistenza di condanne per taluno dei reati di cui agli artt. 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies e 609-undecies del codice penale, ovvero l’irrogazione di sanzioni interdittive all’esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori.
Il datore di lavoro che non adempie all’obbligo (…) è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 10.000,00 a euro 15.000,00.”
La norma sembrerebbe lasciare fuori solo quei soggetti che non rivestono la qualifica di datore di lavoro, ma che organizzano momenti di incontro e di attività con il pieno coinvolgimento di bambini e con l’ausilio di soggetti legati da attività di puro volontariato (attività parrocchiali, ecc.); il Ministero di Grazia e Giustizia si è espresso in maniera differente, escludendo tutto il settore del volontariato dall’obbligo.
Lo segnalo anche se è una posizione che non convince e sembra essere rivolta più a sgravare i tribunali che a tutelare i minori.