Come Cambiano le Dimissioni e le Risoluzioni Consensuali alla Luce della Riforma Fornero

26 Set 2014

La riforma Fornero introduce un obbligo di convalida in caso di dimissioni e risoluzione consensuale dei rapporti di lavoro.

L’intento è quello, sacrosanto, di arginare il fenomeno delle cosiddette “dimissioni in bianco”, ovvero lettere di dimissioni senza data che alcuni datori di lavoro fanno firmare ai lavoratori prima dell’inizio del rapporto, per poter recedere in qualunque momento senza rischio di contestazioni.

Pare che sia un fenomeno molto diffuso soprattutto al Sud e nelle piccole-medie imprese, anche se non se ne conoscono i numeri reali.

Un tentativo era stato già fatto con la L. 188/2007 che aveva introdotto l’obbligo di presentare le dimissioni, pena la nullità, su apposita modulistica predisposta presso le Direzioni Territoriali del Lavoro e Centri per l’Impiego. La norma era di difficile applicazione e si prestava a manipolazioni da parte dei soliti troppo furbi, tanto che era stata abrogata dopo appena tre mesi dall’entrata in vigore.

Ma andiamo con ordine: la L.92/2012 riprende l’istituto della convalida delle dimissioni della lavoratrice madre e la allarga ai lavoratori padri; la tutela si estende fino al compimento del terzo anno di vita del bambino oppure, in caso di adozione, si applica durante i primi tre anni dall’ingresso in famiglia del bambino, considerando i tre anni dal momento della comunicazione della proposta di incontro del minore.

Nel caso specifico, la convalida va effettuata obbligatoriamente presso le DTL e deve essere preventiva o contestuale alla cessazione del rapporto di lavoro. In mancanza le dimissioni sono nulle, con la conseguenza che, in qualunque momento, il lavoratore o la lavoratrice potranno richiedere di essere reintegrati nel loro posto di lavoro con diritto alle retribuzioni arretrate; la nullità infatti non è soggetta a prescrizione.

Le novità più corpose riguardano gli altri casi di dimissioni e risoluzione consensuale, per i quali, prima dell’entrata in vigore della norma, non era prevista alcuna formalità; i datori di lavoro interessati sembrano essere tutti: la norma non fa distinzione tra datori di lavoro pubblici e privati e pare ricomprendere anche i datori di lavoro domestici. Secondo alcuni, potrebbero essere ricompresi anche alcuni rapporti di lavoro autonomi, come le collaborazioni coordinate e continuative e il lavoro a progetto.

Anche in questo caso la norma introduce un obbligo di convalida pena nullità, ma cerca di eliminare le criticità che avevano portato all’abrogazione della normativa precedente, per cui un lavoratore poco collaborativo, oppure, come a volte accade, non più rintracciabile (pensiamo ai lavoratori extracomunitari che tornano al loro paese), poteva in qualunque momento chiedere la ricostituzione del rapporto di lavoro presso l’Ente. Come vedremo, con l’attuale legge, il datore di lavoro che segue correttamente l’iter legislativo, è al riparo da eventuali contestazioni di nullità e/o ripensamenti.

Perché le dimissioni o la risoluzione consensuale siano valide sarà necessario che il lavoratore, in alternativa:

  • si rechi presso il Centro per l’Impiego di appartenenza con una copia della lettera di dimissioni e ribadisca la propria volontà di cessare dal rapporto di lavoro e consegni copia della convalida al datore di lavoro;
  • si rechi presso la Direzione Territoriale del Lavoro competente con una copia della lettera di dimissioni e ribadisca la propria volontà di cessare dal rapporto di lavoro e consegni copia della convalida al datore di lavoro;
  • sottoscriva una apposita dichiarazione in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro che il datore di lavoro ha inviato al Centro per l’Impiego (data certa).

Il datore di lavoro, qualora il lavoratore non si attivi immediatamente, per evitare che le dimissioni siano nulle, dovrà invitarlo a effettuare la convalida con atto scritto tracciabile, normalmente lettera raccomandata a/r, da inviarsi entro 30 giorni dalla data delle dimissioni. Il lavoratore nei 7 giorni successivi alla ricezione della raccomandata potrà:

  • revocare le dimissioni; il rapporto di lavoro continuerà senza interruzione;
  • convalidare le dimissioni;
  • non rispondere ed in questo caso il suo silenzio corrisponderà ad un silenzio – assenso e le dimissioni diventeranno definitive.

La norma dà un termine massimo al datore di lavoro per chiedere la convalida, ma non un termine minimo, per cui è consigliabile richiederla non appena ricevuta la lettera di dimissioni del lavoratore.

Altro aspetto: l’invito a convalidare da parte del datore di lavoro si considera correttamente assolto con l’invio all’ultimo domicilio conosciuto del lavoratore della raccomandata, essendo assolutamente ininfluente l’eventuale mancato ritiro da parte del lavoratore.

Per i datori di lavoro che si siano fatti firmare un foglio di dimissioni in bianco sono previste sanzioni da un minimo di 5.000,00 ad un massimo di 30.000,00 euro.

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